Quando parliamo di efficacia dovremmo sempre intenderla come massimo risultato (e quindi soddisfazione) con il minimo sforzo. Qualunque sia l'età, la condizione o l'obbiettivo. In genere quando funzioniamo male o comunque non come vorremmo, stiamo in qualche modo interferendo con noi stessi. Prendiamo la respirazione, ad esempio: il nostro sistema nervoso è perfettamente in grado di gestirla al meglio, adattandola ad ogni circostanza. Al raggiungimento di una certa concentrazione di Co2 nei polmoni, il sistema è predisposto per inviare un impulso affinché parta un'inspirazione. Se ciò non succede è perché stiamo imponendo al sistema non abitudine non funzionale, creando tensioni superflue e inibizioni. Interferire significa quindi fare qualcosa in più di quel che realmente serve.
Prendiamo ora l'esempio della corsa: correre è potenzialmente una delle attività migliori per un essere umano ed è quasi sempre praticabile e senza attrezzature speciali. Allo stesso tempo la maggior parte delle persone correndo sente sforzi e acciacchi, ai quali spesso reagisce aumentando ulteriormente lo sforzo. Possiamo tranquillamente affermare che in genere la difficoltà nel correre non è dovuta ad un'inabilità innata, ma al fatto che si sta interferendo con quella che sarebbe l'organizzazione più funzionale per l'atto della corsa. Senza che ne siamo consapevoli dal nostro cervello partono contemporaneamente sia i segnali per farci muovere in una certa direzione ad una certa velocità, sia i segnali per frenare lo stesso movimento. Smettiamo ad esempio di sfruttare l'elasticità degli archi plantari, la forza inerziale e i movimenti armoniosi della spina che permettono a braccia e spalle di bilanciare il movimento di anche e gambe. E cominciamo ad aggiungere attivazioni non pertinenti: ingrossiamo i muscoli più esterni e blocchiamo lo scheletro. Ovvero corriamo con il freno a mano tirato: in pratica una sorta di auto-sabotaggio.

Una frase che ricorre spesso tra i praticanti Feldenkrais è "Less is more", ovvero meno è di più.
"Lo scopo è un esercizio sano, potente, facile e piacevole. La riduzione della tensione è necessaria, perché il movimento efficiente è privo di sforzo. L'inefficienza è sentita come sforzo e impedisce di fare di meglio e di più. La riduzione graduale dello sforzo inutile è necessaria per migliorare la sensibilità cinestesica, senza la quale una persona non potrebbe autoregolarsi." Riferendosi alle legge di Weber-Fechner, Moshe Feldenkrais prosegue: "Per spiegarlo con un esempio, se trasportate un pianoforte sulla schiena e ci si posa sopra una mosca, non sentirete nessun peso aggiuntivo; ma se ci si siede sopra un grosso cane allora lo noterete! (…) Perciò se volete sentire la differenza (sentire la mosca), dovete ridurre la quantità dello stimolo presente (e trasportare qualcosa di più leggero di un pianoforte). È per questo che faccio stendere gli studenti a terra: se non si riduce la tensione muscolare, non possono distinguere nessun cambiamento."
Una volta a terra gli allievi sono condotti dall'insegnante ad esplorare delle sequenze di movimento di complessità crescente, durante le quali vengono guidati a riconoscere l'attivarsi di tensioni non necessarie e controproducenti.
"La maggior parte delle persone non si rende conto della quantità inutile di sforzo che accumula negli occhi, nella bocca, nelle gambe, nello stomaco. Questo sforzo è dannoso, soprattutto perché l'intensità della nostra realizzazione dipende dalla misura dello sforzo presente". Più un allievo impara a ridurre lo sforzo, più affina la qualità di ascolto di ciò che sta facendo e soprattutto di come lo sta facendo. Questo permette al sistema nervoso di riconoscere le opzioni migliori per compiere un determinato movimento e integrarle nella quotidianità.

Con l'avanzare dell'età selezioniamo progressivamente sempre più gli schemi motori che utilizziamo e le parti di noi coinvolte in questi schemi. Tutto ciò che viene escluso, viene "dimenticato" dal sistema nervoso e a quel punto, non ricevendo segnali di movimento dal cervello, resterà fermo. Va da sé che maggiore sarà il numero di parti di noi non più coinvolte nei nostri movimenti, minore sarà la flessibilità del nostro organismo. E ciò ci esporrà maggiormente al rischio di incidenti e disturbi. Poniamo il caso di un'azienda con dieci operai, dove nove operai lavorano troppo poco: il decimo operaio sarà costretto ad un lavoro extra logorante e con ogni probabilità rimarrà danneggiato da quel carico eccessivo. Allo stesso tempo l'efficienza dell'azienda peggiorerà, non disponendo di tutte le risorse utili. Se il lavoro invece tornasse ad essere equamente distribuito tra tutti i dieci operai, tutta l'attività potrebbe essere svolta con facilità, sostenibilità ed efficacia.
Allo stesso modo, anziché di operai, potremmo parlare di anche, ginocchia, caviglie e qualsiasi altra parte di noi.

Il Metodo Feldenkrais® ci permette di recuperare ciò che di noi è andato perduto e di coinvolgere tutto noi stessi nelle azioni che compiamo. Movimenti banali come sollevare un braccio per afferrare un barattolo su un ripiano in alto della cucina, migliorano nella misura in cui questo movimento comincia a distribuirsi in tutte le nostre ossa e muscoli: dalla mano che afferra ai piedi che sostengono, passando da bacino e coste. Se ogni vertebra imparerà a compiere la propria piccola porzione di lavoro in maniera differenziata dalle altre, potremmo evitare o ridurre danneggiamenti alla colonna vertebrale, e guadagnare sensibilmente in allungamento ed elasticità.

Maggiore è la raffinatezza delle azioni che compiamo, come succede in campo atletico o artistico, maggiore è la necessità che abbiamo di adeguarci a piccoli cambiamenti. Ciò determina il successo o meno in ciò che facciamo. Per fare questo abbiamo bisogno di acquisire la capacità di percepire differenze sempre più piccole nel fare una stessa azione, piccole variazioni.

Prendiamo un musicista: la sua capacità di distinguere le note l'una dall'altra è nettamente superiore rispetto ad una persona comune. Per tutti può essere facile distinguere due note musicali molto distanti tra loro, più difficile risulta distinguere note attigue. Se guardiamo all'utilizzo che facciamo delle nostre mani, e in particolar modo delle dita: per la maggioranza delle persone risulta difficile muovere ogni dito separatamente dagli altri, senza cioè che muovendone uno non si attivino almeno in parte anche gli altri. Soprattutto per quanto riguarda gli anulari, c'è un abisso tra la consapevolezza e il controllo che ne ha un pianista rispetto a chi non è in grado di suonare. La capacità dei suoni anulari di muoversi differenziamenti dagli altri gli permette di combinare i suoni per ottenere le melodie più complesse. In chi non è in grado, semplicemente queste dita si muoveranno in blocco insieme alle altre, non permettendo di separare un suono da un altro.

Il concetto di differenziazione è uno dei cardini del Metodo Feldenkrais e si distingue dal concetto di isolamento. Restando nella metafora dell'ambiente musicale: all'interno di un'orchestra ogni musicista segue la propria partitura, ma contemporaneamente si accorda con tutti gli altri musicisti, non suona un'altra musica, non si isola rispetto agli altri. E a garanzia di questo troviamo infatti la figura del diretto d'orchestra.

Il cervello potremmo immaginarlo com un buon direttore d'orchestra. Come abbiamo già accennato precedentemente, la libertà non consiste nel separare le parti di noi tra di loro, ma nel permettere a tutto il nostro organismo di partecipare in ogni azione che compiamo. In questa partecipazione ogni parte ha però bisogno di fare la propria parte, in modo che ogni segmento osseo abbia la possibilità di un movimento relativo rispetto agli altri. Se spingo un bastone per farlo cadere, anche il bastone sarà coinvolto in ogni sua parte in questo movimento, ma senza nessuna libertà di movimento tra le sue diverse parti il suo tonfo sarà brutale. Poiché non vogliamo fare la fine del bastone ed essendo organismi strutturati in maniera estremamente più complessa, abbiamo bisogno di recuperare da una parte la maggior differenziazione possibile tra le nostre diverse parti e dall'altra la capacità di coinvolgere ogni parte di noi in tutto ciò che facciamo.

Non vogliamo ad esempio che ogni volta che muoviamo un braccio le spalle si sollevino ed entrino in tensione senza che ce ne rendiamo conto e senza poterlo evitare. Questo porterebbe ad un grande affaticamento della zona cervicale, ad una sensazione di rigidità e a lungo andare a provare del dolore. Inoltre causerebbe un irrigidimento del collo che limiterebbe il movimento della testa e degli occhi (e della vista), bloccherebbe le coste e quindi il respiro, limiterebbe l'elasticità della colonna e via dicendo. Non possiamo mai pensare che qualcosa che avviene in qualche area di noi, possa non influire su tutto il resto. Di conseguenza è facile capire che ogni miglioramento in una qualsiasi parte di noi, provoca un miglioramento in tutto il resto.

Riconoscere piccoli cambiamenti nel modo in cui il nostro corpo partecipa ad un'azione ci consente di adeguarci per ottenere il massimo, di prevenire comportamenti dannosi e riconoscere in noi movimenti non funzionali. Inoltre in chi mira a performance di alto livello nello sport, nell'arte o nella propria professionalità, riuscire a calibrare chirurgicamente la propria azione in contesti anche molto dinamici, dove i tempi di risposta sono molto ridotti, va da sé che porta ad un grande cambiamento.

Nel Metodo Feldenkrais® partiamo sempre dall'esplorazione di ciò che già sappiamo fare e lo approfondiamo in modo da renderlo via via sempre migliore. Questo ci permette di portare la nostra mente in uno stato di calma, in cui il sistema nervoso si sente al sicuro e si rende maggiormente disponibile all'apprendimento di altre modalità per compiere uno stesso movimento. Questo approccio che non cerca una lotta contro se stessi o uno sforzo, bensì la maggiore comodità e piacevolezza, da una parte ci dà le migliori chance di ampliare le nostre possibilità, dall'altra rende adatto il metodo anche a chi presenta difficoltà motorie o neuronali.

Nella stessa ottica riduciamo l'ampiezza di un movimento e ne esploriamo solo la parte iniziale. Ci troviamo così ad un bivio in cui tutte le direzioni sono ancora disponibili. Da questo punto abbiamo la possibilità di sperimentare percorsi non abituali e lasciarci sorprendere dalle conseguenze, consentendo al sistema nervoso di riconoscere nuove e migliori opzioni per compiere un determinato movimento. Proprio come fa un bambino, in particolar modo nel primo anno di vita, quando l'esplorazione e l'apprendimento assumono la qualità del gioco, e in cui si intrecciano curiosità, piacevolezza e disponibilità a sbagliare (senza che questo risulti scoraggiante).
Moshe Feldenkrais parla di apprendimento organico per definire quel modo di imparare connesso alle proprie sensazioni, dove grande valore viene attribuito al processo e l'attenzione non è rivolta esclusivamente al risultato. Attenzione! Non si tratta di rendersi inconcludenti: il periodo dell'infanzia infatti è quello in cui ogni persona ha la più grande attitudine ad imparare, proprio in virtù di questa capacità di ascoltare se stessa. In quel periodo il processo di apprendimento coinvolge il bambino completamente, quindi non solo a livello celebrale, ma includendo emozioni e sensazioni.

Quando pensiamo ad un movimento, pensiamo quasi subito al movimento del corpo, all'attività muscolare. Nel Metodo Feldenkrais® siamo invece più interessati alle ossa e soprattutto alle relazioni tra lo scheletro e il sistema nervoso. È sempre il sistema nervoso a gestire tutto e sappiamo che il cervello si attiva allo stesso modo sia quando immaginiamo un movimento sia quando lo eseguiamo effettivamente, l'unica differenza è l'attivazione o meno dei muscoli. I cambiamenti e i miglioramenti nel nostro movimento dipendono quindi dai collegamenti tra neuroni che si formano continuamente nel cervello. Quindi lasciamo che i muscoli lavorino di conseguenza: il sistema nervoso sa gestirli molto meglio di come possiamo fare noi. E occupiamoci di come creare nuovi schemi motori. Più opzioni di movimento abbiamo, più chance otteniamo di disporre ogni volta dell'opzione più funzionale.

Nel Metodo Feldenkrais® non impariamo il movimento corretto, ma "attraverso" l'ascolto di come ci muoviamo scopriamo qualcosa di più su come ci utilizziamo e sui nostri comportamenti, su come mescoliamo confusamente emozione e pensiero, su come siamo influenzati e rispondiamo all'ambiente esterno e agli altri, su come comportamento e postura si sono vicendevolmente irrigidite negli anni. E in genere tutto questo migliora anche il nostro modo di muoverci. Infatti pensiero, emozione, sensazione e movimento sono sfere che si influenzano continuamente e vicendevolmente. Ogni volta che si crea una modificazione in una di queste, il cambiamento ricade anche sulle altre. Intendiamo quindi per movimento un concetto più ampio e che ha anche a che fare con i pensieri, le emozioni, le sensazioni, immaginazione e in definitiva con la vita stessa di un organismo.

Moshe Feldenkrais capì che creare un cambiamento a partire dal movimento del corpo permetteva alle persone di rapportarsi con qualcosa di molto concreto, molto più del linguaggio verbale o delle emozioni. Ogni movimento è percepito dal sistema nervoso attraverso le sensazioni che ne derivano, è infatti questo il linguaggio del cervello, molto profondo e spesso ineffabile. Relazionarci al movimento ci consente di non dover tradurre in parole o simboli le nostre sensazioni, col rischio di ridurre la ricchezza della percezione o farci deviare da frettolose e superficiali interpretazioni.

Il movimento inoltre ci dà la possibilità di sentire più facilmente noi stessi, inoltre ogni lezione è pensata per aumentare il contrasto la sensazione di noi percepita prima di un movimento e quella percepita a movimento compiuto. Molte volte volte è possibile sentire una grossa differenza tra un lato e l'altro se abbiamo lavorato solo da una parte. E questo ci permette di aumentare la consapevolezza di come siamo di solito e come possiamo invece essere imparando di più su noi stessi e la nostra organizzazione.

Il Metodo Feldenkrais® permette di mettere ordine nel caos, a causa del quale il nostro modo di agire è influenzato da disordini emotivi, una lacunosa immagine di noi stessi e compulsioni varie.